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METE
TURISTICHE
Escursioni
Andar per boschi e foreste, attraversare corsi dacqua,
visitare le grotte e gli anfratti, percorrere un territorio
ricco di piante e di animali e conoscere i musei, le opere
darte, le tracce di un passato ancora presente è
quanto propongono le guide turistiche dellAmiata.
Ci sono anche delle novità: un inedito borgo medievale,
meraviglioso, che fu sede nel Seicento di una comunità
ebraica, a Piancastagnaio; un altro villaggio, appena divenuto
il primo borgo del pane in Italia, a Roccalbegna.
E poi le abetine di abete bianco, le riserve naturali, la
strada della castagna e le ricchezze infinite di un territorio
che ha sempre delle sorprese da rivelare.
Il 2003 è lAnno Internazionale dellAcqua,
così come il 2002 è stato lAnno Internazionale
delle Montagne.
LAmiata è uno dei maggiori fornitori dacqua
della Toscana del sud.
Intorno allAmiata sprizzano sorgenti, fiumi e corsi
dacqua. LOrcia, il Paglia, il Formone, lAlbegna,
lOmbrone, il Fiora, il Vivo, oltre a 3500 torrenti,
lambiscono il territorio.
Camminare sullAmiata, o visitarla senza fretta, in meditazione,
in bicicletta, è unesperienza spirituale.
Abbadia
San Salvatore
Il più vicino in linea d'aria alla vetta, è
uno dei centri turistici più noti. "La natura
vi formò una valletta di circa otto stadi, limitata
da aspre rupi. Gli antichi vi costruirono un borgo ben difeso
da una fossa piena d'acqua corrente". Così, nei
Commentarii di Pio II, è una delle più antiche
descrizioni del sito.
Se si arriva dalla Cassia, il primo impatto con Abbadia è
quello con un paese moderno, dai larghi viali alberati. Le
cose cambiano quando, attraverso il Borgo medievale, si giunge
all'Abbazia vera e propria, uno dei luoghi più importanti
nella complessa storia della Toscana medievale.
A sud di questa è il Castello, percorso da tre strade
più o meno parallele. Qui sono la chiesa di Santa Croce
(del 1221, ricostruita nell'Ottocento) e di Sant'Angelo (del
1313, oggi è una casa privata). Da vedere anche il
palazzo del Podestà (o di Giustizia), il Palazzo del
Popolo, altre costruzioni medievali.
Fuori dalla prima cinta di mura ha aspetto in parte antico
anche il Borgo, con la chiesa di San Leonardo, del XIII secolo.
All'esterno della parte più antica di Abbadia sono
la chiesa della Madonna dei Remedi, del Seicento, che ospita
un ciclo di affreschi del Nasini, e quella cinquecentesca
della Madonna del Castagno, sulla strada per l'Amiata.
Una stradetta sterrata porta alla rustica chiesetta dell'Ermeta,
circondata dal bosco. Ancora più in basso sono la Rupe
di Dante (così detta perché il suo profilo ricorda
quello del poeta) e la Grotta dell'Arciere.
Alle porte dell'abitato, invece, è il complesso della
miniera, sfruttata dal 1897 fino agli anni Settanta. Questa
silenziosa testimone delle fatiche di generazioni di minatori
di Abbadia è stata trasformata in un Museo Minerario
dedicato alla geologia, alla storia dello sfruttamento del
minerale, al lavoro in galleria e nell'impianto metallurgico,
alla vita quotidiana dei minatori.
Fuori dall'edificio del Museo si può osservare uno
dei convogli a scartamento ridotto che venivano utilizzati
nelle gallerie.
Parco
Minerario dell'Amiata
Abbadia San Salvatore
Alla chiusura della miniera incomincia a concretizzarsi l'idea
del parco museo minerario. La struttura del parco-museo permette,
infatti, di situare gli oggetti tecnico-scientifici da esporre
nel loro ambiente d'uso originario, ricostruendo in tal modo
la sequenza reale del processo produttivo. Il progetto prevede
una sequenza di percorsi, in particolare: dell'escavazione;
della metallurgia; della memoria che attraversa da sud a nord
lo spazio centrale dell'area mineraria.
Funzioni documentarie-espositive prevedono: un centro studi
e archivio; il museo documentario permanente; spazi per mostre
temporanee; il museo delle macchine. Attività e servizi
di ristoro prevedono: bar-ristoro; ristorante e servizi generali;
foresteria; laboratorio per attività socio-culturali.
Orario: Aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 13:30
e dalle 15:00 alle 20:30.
Telefono: 0577 778324
Fax: 0577 775221
Arcidosso
Arcidosso è un altro dei borghi amiatini più
suggestivi. Imponente e caratteristico da tutti i lati, il
paese antico ha al centro la Rocca Aldobrandesca, assediata
nel 1331 dai Senesi comandati da Guidoriccio da Fogliano e
passata nel 1559 ai Medici.
All'ingresso del paese merita una sosta l'imponente monumento
ai Caduti del Lavoro. A destra della scalinata che vi sale,
una lapide indica il luogo dove fu ucciso nel 1878 David Lazzaretti,
il Profeta dell'Amiata.
Prima di entrare nel Borgo antico, merita una sosta la chiesa
della Madonna delle Grazie (o dell'Incoronata), uno dei santuari
più venerati dell'Amiata. Molte le opere d'arte notevoli,
tutte di scuola senese, tra cui spiccano la Vergine in Gloria
tra i Santi Sebastiano e Rocco di Ventura Salimbeni, e una
Madonna con Bambino del primo Quattrocento proveniente dal
Palazzo della Capitaneria e oggi sull'altar maggiore.
Fuori dalla Porta Talassese è la piccola e interessante
chiesa di Sant'Andrea, ricordata dal 1118. Sulla strada che
porta al Borgo antico è una curiosa fontana neogotica
in ghisa, realizzata a Follonica nelle Fonderie Granducali.
Ancora qualche rampa e si arriva alla base della Rocca, affacciata
su una silenziosa piazzetta. Riattraversata la porta si segue
la strada prima tralasciata, si traversa la porta neogotica
che dà accesso al Borgo e ci si inoltra nelle vecchie
strade del paese.
Qui si incontra la chiesa medievale di San Niccolò.
Una discesa porta al Terziere del Codaccio e alla chiesa di
San Leonardo, ricordata fin dal 1188, e risistemata più
volte nel Cinquecento. L'interno, danneggiato nella Seconda
Guerra Mondiale, conserva una serie di importanti dipinti
tra cui la Decollazione di San Giovanni Battista (1588-O89)
di Francesco Vanni.
Dalla strada per Montelaterone, una discesa tra splendidi
castagni porta alla Pieve di Santa Maria ad Làmulas,
costruita nel 1268 su un edificio più antico, ma pesantemente
risistemata alla fine dell'Ottocento.
Castel
del Piano
Papa Pio II, nei suoi Commentarii, sottolineava "la bellezza
del luogo, la comodità dell'ubicazione e l'amenità
del paese", qualità apprezzate dai numerosi villeggianti
che la scelgono per le proprie vacanze. Il paese è
ricordato fin dall'890 come possedimento dell'Abbazia, della
quale restò proprietà per tre secoli e oltre.
Passò agli Aldobrandeschi, e nel 1332 a Siena, infine
nel 1559, con l'intero Senese, alla Toscana medicea. Castel
del Piano è patria della famiglia Nasini, pittori attivi
tra la metà del Seicento e la metà del Settecento,
autori di opere conservate in tutti gli angoli dell'Amiata.
Sulla piazza detta della Madonna si affaccia la chiesa dell'Opera
(o Propositura dei Santi Niccolò e Lucia), barocca
ma completata solo nel 1870.
L'interno, a croce latina e movimentato da dieci cappelle,
è un autentico museo dei Nasini: spiccano la Natività
di Maria, lo Sposalizio Mistico di Santa Caterina d'Alessandria,
entrambi di Giuseppe Nicola.
Belli anche un crocifisso ligneo e l'acquasantiera cinquecentesca.
Accanto alla prima è la chiesa della Madonna delle
Grazie, a sua volta ricca di tele, cui si affianca il Palazzo
del Comune.
Salendo verso il Borgo si passa accanto alla Torre dell'Orologio,
ci si sofferma nella Piazzetta degli Ortaggi con una bella
Loggia di forme cinquecentesche, poi alla Pieve di San Leonardo.
All'estremità del centro antico è la Chiesa
Piccina, del Santissimo Sacramento. La grande Piazza Garibaldi
ha al centro una interessante fontana, ma è cara ai
locali soprattutto perché vi si disputa l'8 settembre
di ogni anno il Palio. E' più nota come la Piazza Tonda
(o delle Storte).
Nei dintorni meritano una visita le chiesette benedettine
di Santa Lucia e San Biagio, che possono essere la meta di
una piacevole passeggiata in direzione dell'Amiata, la chiesa
di Santa Flora a Noceto e le rovine del convento francescano
di San Processo.
Recenti restauri hanno ridato vita al bel Palazzo Nerucci,
costruito a partire dal 1554, divenuto il Centro Culture Agricole
della zona e dotato di biblioteca specializzata, di spazio
espositivo e di laboratorio didattico.
Museo
della Vite e del Vino
Montenero, Castel del Piano
La "Strada del vino Montecucco" ha inaugurato lo
scorso 18 maggio Il Museo della Vite e del Vino.
La sede del museo è stata realizzata ristrutturando
un fabbricato esistente, nella piazza principale, organizzato
su di un unico piano, privo di barriere architettoniche al
fine di facilitarne lacceso ai portatori di handicap,
allinterno è presente un sofisticato impianto
audio, che attraverso strumenti manuali consente laccesso
anche ai non vedenti.
La sede museale delle dimensioni di circa 100 mq è
stata progettata per trascorrere un lieto momento facendo
un passo indietro nel tempo, andando a ricercare le radici
delluomo nellattività vitivinicola.
E possibile ammirare lesposizione delle bottiglie
di Vino DOC Montecucco realizzata con i prodotti offerti dagli
Associati, proseguendo ci si trova allinterno di un
percorso tracciato da una serie di doghe di legno verticali
che supportano dei pannelli che descrivono ed illustrano attraverso
descrizioni ed immagini la coltura della vite e del vino della
Strada.
Nelle bacheche si possono ammirare oggetti storici e caratteristici
utilizzati per la produzione delluva e del vino, rinvenuti
nelle campagne circostanti, un esempio è costituito
da piccoli oggetti, tra i quali le forbici per la potatura
delle viti, o per la raccolta delluva, gli utensili
per i trattamenti dei vigneti come la pompa per la distribuzione
del rame, oppure tappatrici in legno per le bottiglie, cavatappi
e quantaltro.
Castell'Azzarra
Ai piedi del Monte Civitella e dei suoi boschi sorge Castell'Azzara,
la sentinella sud-orientale dell'Amiata, che sembra derivare
il suo nome dal fatto di essere stata vinta ai dadi (a zara)
da Bonifacio degli Aldobrandeschi. "Quando si parte il
giorno della Zara [...] Colui che perde si riman dolente [...]
Ripetendo le volte e tristo impara", ha scritto Dante
nel Purgatorio ricordando quell'episodio.
La zona è stata frequentata intorno al Mille avanti
Cristo dagli Umbri, seguiti dagli Etruschi di Sovana che salivano
fin qui per estrarre il cinabro.
Le due rocche che difendono Monte Civitella hanno origini
aldobrandesche, la prima citazione del borgo è del
1216 quando la contea fu divisa in quattro parti.
Nel nucleo antico del paese, caratteristico per le sue ripide
e tortuose viuzze, meritano una visita la chiesa di San Nicola,
rimaneggiata più volte, che conserva una bella tela
seicentesca di scuola senese, e l'oratorio della Madonna del
Rosario con vari dipinti del Cinque e del Seicento.
Nei calcari del Poggio delle Forche si apre la grotta del
Sassocolato (o di Bacheca), utilizzata in passato come ovile
e teatro di importanti esplorazioni speleologiche. La grotta
è stata chiusa nel 1995 per salvaguardare una importante
colonia di chirotteri, oggi può essere visitata (solo
in estate, quando il disturbo per gli animali è minore)
con l'ausilio del Gruppo Speleologico "L'Orso" di
Castell'Azzara.
Dai resti della Rocca Silvana, si apre un bel panorama sull'abitato
moderno di Selvena, su varie miniere abbandonate sulla fitta
macchia mediterranea che riveste i fianchi del monte Civitella
e delle altre alture della zona. In territorio di Castell'Azzara
è anche la Sforzesca, villa campestre costruita nel
1580 dal cardinale Alessandro Sforza con le forme di un vero
e proprio palazzo.
La costruzione, recentemente restaurata, conserva portali,
stemmi, tracce di fortificazioni ed affreschi. Si alza proprio
sul confine tra le province di Siena, di Grosseto e di Viterbo.
Intorno, il paesaggio è ormai quello dolce e riposante
delle Crete.
Castiglione
d'Orcia
Castiglione d'Orcia, ricordata fin dal 714, fu possesso degli
Aldobrandeschi, poi libero Comune dal 1252, per divenire nel
Trecento possedimento senese, ed essere poi contesa tra i
Salimbeni e Siena.
II centro, con le sue vecchie stradette lastricate, è
pittoresco soprattutto nella Piazza Il Vecchietta, dedicata
a Lorenzo di Pietro (1412-1480) detto Il Vecchietta, pittore,
scultore e architetto. Al centro della piazza, tutta in pendio,
è una bella fonte in travertino del 1618.
Di fronte è il Palazzo Comunale, al cui interno è
conservato un affresco di scuola senese (Madonna con Bambino
e due Santi) proveniente da Rocca d'Orcia. La passeggiata
all'interno di Castiglione tocca anche la chiesa di Santa
Maria Maddalena, romanica e restaurata di recente.
Meno suggestiva all'interno, la chiesa dei Santi Stefano e
Degna è stata però il più importante
edificio religioso di Castiglione per la ricchezza delle opere
d'arte. La facciata è del Cinquecento, all'interno
erano tra l'altro una Madonna col Bambino (posteriore al 1320)
di Simone Martini e un'altra Madonna col Bambino di Pietro
Lorenzetti.
Una breve salita porta alla Rocca Aldobrandesca, che sovrasta
il paese. Se si raggiunge la Rocca dall'alto, si incontra
per prima la Pieve di San Simeone, del Duecento, con notevoli
opere d'arte all'interno ma colpita negli anni Ottanta dai
ladri. Una rampa scende poi al Borgo Maestro, dove si visita
la chiesa della Compagnia di San Sebastiano.
Da non perdere nel paese anche la chiesa della Madonna del
Palazzo (oggi adibita ad abitazione), la Piazza con cisterna
definita nel Seicento "il più bel vaso che sia
nello Stato di Siena", altomedievale e restaurata nel
1962, la chiesa della Madonna delle Grazie di Manno e i resti
del Palazzo Comunale.
C'è anche un piccolo Museo della cultura contadina.
una piena, e di una passerella pedonale costruita in sostituzione
di questo ma a sua volta crollata.
Piancastagnaio
Da Abbadia San Salvatore, una strada a saliscendi porta a
Piancastagnaio, altro antico borgo arroccato su un ripiano
che domina la valle del Paglia e la Cassia e difeso da poderose
mura medievali a tratti ottimamente conservate, oltre che
da rupi naturali di trachite.
Per chi arriva da Abbadia, il primo incontro d'arte è
quello con la chiesetta di San Bartolomeo (già parte
del Convento di San Francesco). La facciata, preceduta da
un semplice loggiato, si affaccia su un prato dov'è
un castagno secolare. All'interno sono dei frammenti di affreschi
di scuola senese del Trecento, alle spalle dell'altare è
un bel coro ligneo.
All'inizio della via per Santa Fiora merita una sosta il Santuario
della Madonna di San Pietro. L'esterno ha forme seicentesche,
l'interno è un susseguirsi di opere seicentesche di
Francesco Nasini.
Nel centro merita una sosta anche la Pieve di Santa Maria
Assunta, cui si sale per una scalinata, con architrave del
1617 e interno di forme semplici e solenni. Non lontana è
la Piazza Matteotti, l'antica Piazza del Comune, sulla quale
si affacciano i palazzi trecenteschi del Podestà e
del Comune, e dove sorge ancora la Colonna di Giustizia con
lo stemma della Repubblica di Siena.
Il monumento più imponente di Piancastagnaio è
la Rocca Aldobrandesca, con le sue mura di pietra lavica.
Merli e beccatelli sono stati in parte ricostruiti negli anni
Sessanta, il resto della costruzione è medievale.
Oggi la Rocca è adibita a museo, dai suoi piedi pochi
passi in un parco ricco di castagni secolari portano ad affacciarsi
sul paese antico, che digrada sulle pendici di un colle ed
è tuttora diviso negli antichi terzieri del Borgo,
del Castello e di Voltaia.
Ultimo edificio notevole di Piancastagnaio è il Palazzo
Bourbon del Monte, al margine dell'abitato, che fu residenza
dei feudatari del luogo dal 1601 alla fine del Settecento.
Subito fuori delle mura di Piancastagnaio, c'è una
località chiamata Il Piatto delle Streghe: si tratta
della fontana degli antichi giardini di Palazzo Bourbon del
Monte, della quale non è rimasta che una pietra, levigata
dal tempo tanto da somigliare a un piatto. Si dice che le
streghe vi andassero a celebrare i sabba.
Radicofani
Su un colle a quasi 900 metri sul mare, Radicofani fu per
secoli una delle piazzeforti più importanti d'Italia.
La Rocca appare da decine di chilometri di distanza, e sembra
incombere sul borgo. Costruita nel Duecento, fu ricostruita
nel 1565 e in parte abbattuta nel Settecento. Dal terrazzo
alla sommità della Torre, che raggiunge i 37 metri
di altezza, si ammira un panorama vastissimo anche se chiuso
a occidente dall'Amiata.
Prima di scendere verso il borgo, vale la pena passeggiare
nel boschetto di pini che circonda la costruzione, e che richiede
attenzione per la presenza di archi, volte e pozzi in parte
nascosti dalla vegetazione.
Anche il borgo merita una visita attenta. Il monumento più
insigne è la chiesa romanica di San Pietro, del secolo
XIII, danneggiata dall'ultima guerra e restaurata nel 1946.
L'interno, con i suoi bassi archi gotici, conserva una splendida
collezione di terrecotte robbiane e di statue lignee tra le
quali spicca una Madonna con Bambino di Francesco di Valdambrino.
Alle spalle della chiesa è un piazzale da cui il panorama
verso sud eguaglia quello dalla Rocca.
Sulla strada principale, la chiesa di Sant'Agata, patrona
di Radicofani, conserva sull'altare un altro grande dossale
in terracotta robbiana, e in sagrestia una statua lignea più
recente.
Completa il quadro dei monumenti il Palazzo Pretorio, una
robusta costruzione che reca inseriti nella facciata numerosi
stemmi antichi in pietra. Nei giardini del Maccione è
una statua di Ghin di Tacco.
Sulla vecchia Via Cassia che aggira l'abitato, è il
Palazzo della Posta, una bella villa medicea sorta come casa
di caccia di Ferdinando I, e poi trasformata in albergo e
dogana per i viaggiatori.
Roccalbegna
Su un colle a quasi 900 metri sul mare, Radicofani fu per
secoli una delle piazzeforti più importanti d'Italia.
La Rocca appare da decine di chilometri di distanza, e sembra
incombere sul borgo. Costruita nel Duecento, fu ricostruita
nel 1565 e in parte abbattuta nel Settecento. Dal terrazzo
alla sommità della Torre, che raggiunge i 37 metri
di altezza, si ammira un panorama vastissimo anche se chiuso
a occidente dall'Amiata.
Prima di scendere verso il borgo, vale la pena passeggiare
nel boschetto di pini che circonda la costruzione, e che richiede
attenzione per la presenza di archi, volte e pozzi in parte
nascosti dalla vegetazione.
Anche il borgo merita una visita attenta. Il monumento più
insigne è la chiesa romanica di San Pietro, del secolo
XIII, danneggiata dall'ultima guerra e restaurata nel 1946.
L'interno, con i suoi bassi archi gotici, conserva una splendida
collezione di terrecotte robbiane e di statue lignee tra le
quali spicca una Madonna con Bambino di Francesco di Valdambrino.
Alle spalle della chiesa è un piazzale da cui il panorama
verso sud eguaglia quello dalla Rocca.
Sulla strada principale, la chiesa di Sant'Agata, patrona
di Radicofani, conserva sull'altare un altro grande dossale
in terracotta robbiana, e in sagrestia una statua lignea più
recente.
Completa il quadro dei monumenti il Palazzo Pretorio, una
robusta costruzione che reca inseriti nella facciata numerosi
stemmi antichi in pietra. Nei giardini del Maccione è
una statua di Ghin di Tacco.
Sulla vecchia Via Cassia che aggira l'abitato, è il
Palazzo della Posta, una bella villa medicea sorta come casa
di caccia di Ferdinando I, e poi trasformata in albergo e
dogana per i viaggiatori.
Santa
Fiora
Arroccato su una rupe di trachite che domina la sorgente della
Fiora, l'abitato di Santa Fiora ha una storia diversa da quella
degli altri borghi amiatini. Santa Fiora non fu soggetta all'Abbazia
del Santissimo Salvatore, ma divenne presto il più
importante possedimento degli Aldobrandeschi sulla montagna,
resistendo ai numerosi tentativi di conquista da parte dei
Senesi. Nel 1439, passò agli Sforza, per finire sotto
il controllo di Firenze nel 1633.
Il primo incontro è con il massiccio Palazzo del Conte,
già degli Sforza Cesarini e oggi sede del Comune. Lo
si aggira a sinistra o lo si traversa per un'arcata, e si
sbuca nella grande piazza che è un po' il salotto del
paese.
Dalla piazza, la Via Carolina porta alla Chiesa del Suffragio
(1716-1726), poi scende alla Pieve delle Sante Flora e Lucilla,
il monumento più importante e noto del paese. Sorse
prima del Mille, fu riedificata nel Duecento e ampliata nel
1792 con l'aggiunta delle navate laterali. L'interno ospita
una collezione di splendide terrecotte attribuite ad Andrea
della Robbia.
Una discesa porta al Borgo, l'altra parte di Santa Fiora cinta
da mura, dominato da una scura parete di trachite. Qui sorge
la chiesa di Sant'Agostino, del 1309 a cui era annesso un
convento, soppresso dai Lorena, del quale resta una porta
ad arco del 1473.
Nel Borgo è anche il convento delle Cappuccine, fondato
nel 1601 e chiuso nel 1991, legato al culto del Crocifisso
Miracoloso e alla Processione dei Tronchi. Per la Porta del
Borgo si entra nel terziere di Montecatino e si scende alla
Peschiera, un suggestivo laghetto che raccoglie le acque della
Fiora.
Interessante anche la vicina chiesa della Madonna della Neve,
di aspetto modesto ma ricca di affreschi discretamente conservati.
Nei pressi della frazione di Selva, merita una visita il Convento
della Santissima Trinità, che conserva un bel crocifisso
robbiano e una serie di pregevoli pitture, e nel chiostro
settecentesco la leggendaria testa del drago riportata da
un viaggiatore del passato.
Semproniano
Semproniano è il più meridionale dei paesi dell'Amiata,
la porta del vulcano per chi arriva da Saturnia, e quindi
da Roma e Civitavecchia attraverso l'Aurelia. Il borgo, stretto
intorno ai pochi resti della Rocca Aldobrandesca, merita una
piacevole passeggiata per le ripide vie in buona parte a gradinata.
Del severo castello restano pochi spezzoni di mura, alle quali
si affianca la chiesa romanica della Santa Croce. Più
in basso, sono l'Oratorio di San Rocco e la Pieve dei Santi
Vincenzo e Anastasio, che conserva varie tele del Seicento
e una interessante acquasantiera a forma di mano.
Dal paese, una buona strada asfaltata scende sinuosa fino
a un ponte sull'Albegna, e prosegue poi in direzione di Saturnia.
Deviando a destra al primo si può scendere per prati
all'imbocco delle Strette dell'Albegna, le più suggestive
della Maremma, particolarmente adatte in estate per un bagno.
Completano il quadro dei dintorni di Semproniano alcune presenze
singolari. In località Tartuchino, a sud ovest dal
paese, sono stati scavati i resti di una fattoria etrusca.
A Fibbianello, un podere affacciato sull'Albegna, gli appassionati
di botanica possono ammirare il più grande ulivo dell'Amiata,
un gigante millenario alto 22 metri, e capace di dare otto
quintali di olive a ogni raccolto.
Parallela all'Albegna, scorre verso mezzogiorno la Fiora,
il più noto dei corsi d'acqua del versante maremmano.
La sua valle è più aspra e solenne di quella
dell'Albegna, le sue acque libere sono assai ridotte a causa
della captazione alle sorgenti. Da ovest, domina la valle
la rupe calcarea di Cellena, ai piedi della quale si trova
l'omonimo borgo.
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