Tuscanfun.com Accomodationin Tuscany Hotel Villas Residence Agriturismo House Rental Farmhouses Massa Carrara e Lunigiana Versilia Lucca Montecatini Terme e Val di Nievole Abetone Pistoia e Montagna Pistoiese Firenze Arezzo Siena Costa degli Etruschi e Pisana Maremma Amiata Arcipelago Toscano Chianciano Terme e Val di Chiana

HOME Arte Mare Cucina Natura
Promuovi la tua Azienda Hotel Agriturismo Residence Meteo
La Zona
Home page
Descrizione
Meteo
Interessi Turistici
Mete turistiche
Galleria Fotografica
Ricettività
Hotel
Agriturismo
Residence
Richiedi disponibilità
Zone Turistiche Toscane

Massa Carrara e Lunigiana
Versilia
Lucca e Garfagnana
Montecatini Terme E Val Di Nievole
Abetone Pistoia E Montagna Pistoiese
Firenze
Arezzo
Siena
Pisa
Livorno E Costa Degli Etruschi
Maremma E Grosseto
Amiata
Arcipelago Toscano
Chianciano Terme E Val Di Chiana
Chianti Classico

METE TURISTICHE

Escursioni
Andar per boschi e foreste, attraversare corsi d’acqua, visitare le grotte e gli anfratti, percorrere un territorio ricco di piante e di animali e conoscere i musei, le opere d’arte, le tracce di un passato ancora presente è quanto propongono le guide turistiche dell’Amiata.
Ci sono anche delle novità: un inedito borgo medievale, meraviglioso, che fu sede nel Seicento di una comunità ebraica, a Piancastagnaio; un altro villaggio, appena divenuto il primo borgo del pane in Italia, a Roccalbegna.
E poi le abetine di abete bianco, le riserve naturali, la strada della castagna e le ricchezze infinite di un territorio che ha sempre delle sorprese da rivelare.
Il 2003 è l’Anno Internazionale dell’Acqua, così come il 2002 è stato l’Anno Internazionale delle Montagne.
L’Amiata è uno dei maggiori fornitori d’acqua della Toscana del sud.
Intorno all’Amiata sprizzano sorgenti, fiumi e corsi d’acqua. L’Orcia, il Paglia, il Formone, l’Albegna, l’Ombrone, il Fiora, il Vivo, oltre a 3500 torrenti, lambiscono il territorio.
Camminare sull’Amiata, o visitarla senza fretta, in meditazione, in bicicletta, è un’esperienza spirituale.

Abbadia San Salvatore
Il più vicino in linea d'aria alla vetta, è uno dei centri turistici più noti. "La natura vi formò una valletta di circa otto stadi, limitata da aspre rupi. Gli antichi vi costruirono un borgo ben difeso da una fossa piena d'acqua corrente". Così, nei Commentarii di Pio II, è una delle più antiche descrizioni del sito.
Se si arriva dalla Cassia, il primo impatto con Abbadia è quello con un paese moderno, dai larghi viali alberati. Le cose cambiano quando, attraverso il Borgo medievale, si giunge all'Abbazia vera e propria, uno dei luoghi più importanti nella complessa storia della Toscana medievale.
A sud di questa è il Castello, percorso da tre strade più o meno parallele. Qui sono la chiesa di Santa Croce (del 1221, ricostruita nell'Ottocento) e di Sant'Angelo (del 1313, oggi è una casa privata). Da vedere anche il palazzo del Podestà (o di Giustizia), il Palazzo del Popolo, altre costruzioni medievali.
Fuori dalla prima cinta di mura ha aspetto in parte antico anche il Borgo, con la chiesa di San Leonardo, del XIII secolo. All'esterno della parte più antica di Abbadia sono la chiesa della Madonna dei Remedi, del Seicento, che ospita un ciclo di affreschi del Nasini, e quella cinquecentesca della Madonna del Castagno, sulla strada per l'Amiata.
Una stradetta sterrata porta alla rustica chiesetta dell'Ermeta, circondata dal bosco. Ancora più in basso sono la Rupe di Dante (così detta perché il suo profilo ricorda quello del poeta) e la Grotta dell'Arciere.
Alle porte dell'abitato, invece, è il complesso della miniera, sfruttata dal 1897 fino agli anni Settanta. Questa silenziosa testimone delle fatiche di generazioni di minatori di Abbadia è stata trasformata in un Museo Minerario dedicato alla geologia, alla storia dello sfruttamento del minerale, al lavoro in galleria e nell'impianto metallurgico, alla vita quotidiana dei minatori.
Fuori dall'edificio del Museo si può osservare uno dei convogli a scartamento ridotto che venivano utilizzati nelle gallerie.

Parco Minerario dell'Amiata
Abbadia San Salvatore
Alla chiusura della miniera incomincia a concretizzarsi l'idea del parco museo minerario. La struttura del parco-museo permette, infatti, di situare gli oggetti tecnico-scientifici da esporre nel loro ambiente d'uso originario, ricostruendo in tal modo la sequenza reale del processo produttivo. Il progetto prevede una sequenza di percorsi, in particolare: dell'escavazione; della metallurgia; della memoria che attraversa da sud a nord lo spazio centrale dell'area mineraria.
Funzioni documentarie-espositive prevedono: un centro studi e archivio; il museo documentario permanente; spazi per mostre temporanee; il museo delle macchine. Attività e servizi di ristoro prevedono: bar-ristoro; ristorante e servizi generali; foresteria; laboratorio per attività socio-culturali.
Orario: Aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 13:30 e dalle 15:00 alle 20:30.
Telefono: 0577 778324
Fax: 0577 775221

Arcidosso
Arcidosso è un altro dei borghi amiatini più suggestivi. Imponente e caratteristico da tutti i lati, il paese antico ha al centro la Rocca Aldobrandesca, assediata nel 1331 dai Senesi comandati da Guidoriccio da Fogliano e passata nel 1559 ai Medici.
All'ingresso del paese merita una sosta l'imponente monumento ai Caduti del Lavoro. A destra della scalinata che vi sale, una lapide indica il luogo dove fu ucciso nel 1878 David Lazzaretti, il Profeta dell'Amiata.
Prima di entrare nel Borgo antico, merita una sosta la chiesa della Madonna delle Grazie (o dell'Incoronata), uno dei santuari più venerati dell'Amiata. Molte le opere d'arte notevoli, tutte di scuola senese, tra cui spiccano la Vergine in Gloria tra i Santi Sebastiano e Rocco di Ventura Salimbeni, e una Madonna con Bambino del primo Quattrocento proveniente dal Palazzo della Capitaneria e oggi sull'altar maggiore.
Fuori dalla Porta Talassese è la piccola e interessante chiesa di Sant'Andrea, ricordata dal 1118. Sulla strada che porta al Borgo antico è una curiosa fontana neogotica in ghisa, realizzata a Follonica nelle Fonderie Granducali.
Ancora qualche rampa e si arriva alla base della Rocca, affacciata su una silenziosa piazzetta. Riattraversata la porta si segue la strada prima tralasciata, si traversa la porta neogotica che dà accesso al Borgo e ci si inoltra nelle vecchie strade del paese.
Qui si incontra la chiesa medievale di San Niccolò.
Una discesa porta al Terziere del Codaccio e alla chiesa di San Leonardo, ricordata fin dal 1188, e risistemata più volte nel Cinquecento. L'interno, danneggiato nella Seconda Guerra Mondiale, conserva una serie di importanti dipinti tra cui la Decollazione di San Giovanni Battista (1588-O89) di Francesco Vanni.
Dalla strada per Montelaterone, una discesa tra splendidi castagni porta alla Pieve di Santa Maria ad Làmulas, costruita nel 1268 su un edificio più antico, ma pesantemente risistemata alla fine dell'Ottocento.

Castel del Piano
Papa Pio II, nei suoi Commentarii, sottolineava "la bellezza del luogo, la comodità dell'ubicazione e l'amenità del paese", qualità apprezzate dai numerosi villeggianti che la scelgono per le proprie vacanze. Il paese è ricordato fin dall'890 come possedimento dell'Abbazia, della quale restò proprietà per tre secoli e oltre.
Passò agli Aldobrandeschi, e nel 1332 a Siena, infine nel 1559, con l'intero Senese, alla Toscana medicea. Castel del Piano è patria della famiglia Nasini, pittori attivi tra la metà del Seicento e la metà del Settecento, autori di opere conservate in tutti gli angoli dell'Amiata. Sulla piazza detta della Madonna si affaccia la chiesa dell'Opera (o Propositura dei Santi Niccolò e Lucia), barocca ma completata solo nel 1870.
L'interno, a croce latina e movimentato da dieci cappelle, è un autentico museo dei Nasini: spiccano la Natività di Maria, lo Sposalizio Mistico di Santa Caterina d'Alessandria, entrambi di Giuseppe Nicola.
Belli anche un crocifisso ligneo e l'acquasantiera cinquecentesca. Accanto alla prima è la chiesa della Madonna delle Grazie, a sua volta ricca di tele, cui si affianca il Palazzo del Comune.
Salendo verso il Borgo si passa accanto alla Torre dell'Orologio, ci si sofferma nella Piazzetta degli Ortaggi con una bella Loggia di forme cinquecentesche, poi alla Pieve di San Leonardo.
All'estremità del centro antico è la Chiesa Piccina, del Santissimo Sacramento. La grande Piazza Garibaldi ha al centro una interessante fontana, ma è cara ai locali soprattutto perché vi si disputa l'8 settembre di ogni anno il Palio. E' più nota come la Piazza Tonda (o delle Storte).
Nei dintorni meritano una visita le chiesette benedettine di Santa Lucia e San Biagio, che possono essere la meta di una piacevole passeggiata in direzione dell'Amiata, la chiesa di Santa Flora a Noceto e le rovine del convento francescano di San Processo.
Recenti restauri hanno ridato vita al bel Palazzo Nerucci, costruito a partire dal 1554, divenuto il Centro Culture Agricole della zona e dotato di biblioteca specializzata, di spazio espositivo e di laboratorio didattico.

Museo della Vite e del Vino
Montenero, Castel del Piano
La "Strada del vino Montecucco" ha inaugurato lo scorso 18 maggio “Il Museo della Vite e del Vino”.
La sede del museo è stata realizzata ristrutturando un fabbricato esistente, nella piazza principale, organizzato su di un unico piano, privo di barriere architettoniche al fine di facilitarne l’acceso ai portatori di handicap, all’interno è presente un sofisticato impianto audio, che attraverso strumenti manuali consente l’accesso anche ai non vedenti.
La sede museale delle dimensioni di circa 100 mq è stata progettata per trascorrere un lieto momento facendo un passo indietro nel tempo, andando a ricercare le radici dell’uomo nell’attività vitivinicola.
E’ possibile ammirare l’esposizione delle bottiglie di Vino DOC Montecucco realizzata con i prodotti offerti dagli Associati, proseguendo ci si trova all’interno di un percorso tracciato da una serie di doghe di legno verticali che supportano dei pannelli che descrivono ed illustrano attraverso descrizioni ed immagini la coltura della vite e del vino della Strada.
Nelle bacheche si possono ammirare oggetti storici e caratteristici utilizzati per la produzione dell’uva e del vino, rinvenuti nelle campagne circostanti, un esempio è costituito da piccoli oggetti, tra i quali le forbici per la potatura delle viti, o per la raccolta dell’uva, gli utensili per i trattamenti dei vigneti come la pompa per la distribuzione del rame, oppure tappatrici in legno per le bottiglie, cavatappi e quant’altro.

Castell'Azzarra
Ai piedi del Monte Civitella e dei suoi boschi sorge Castell'Azzara, la sentinella sud-orientale dell'Amiata, che sembra derivare il suo nome dal fatto di essere stata vinta ai dadi (a zara) da Bonifacio degli Aldobrandeschi. "Quando si parte il giorno della Zara [...] Colui che perde si riman dolente [...] Ripetendo le volte e tristo impara", ha scritto Dante nel Purgatorio ricordando quell'episodio.
La zona è stata frequentata intorno al Mille avanti Cristo dagli Umbri, seguiti dagli Etruschi di Sovana che salivano fin qui per estrarre il cinabro.
Le due rocche che difendono Monte Civitella hanno origini aldobrandesche, la prima citazione del borgo è del 1216 quando la contea fu divisa in quattro parti.
Nel nucleo antico del paese, caratteristico per le sue ripide e tortuose viuzze, meritano una visita la chiesa di San Nicola, rimaneggiata più volte, che conserva una bella tela seicentesca di scuola senese, e l'oratorio della Madonna del Rosario con vari dipinti del Cinque e del Seicento.
Nei calcari del Poggio delle Forche si apre la grotta del Sassocolato (o di Bacheca), utilizzata in passato come ovile e teatro di importanti esplorazioni speleologiche. La grotta è stata chiusa nel 1995 per salvaguardare una importante colonia di chirotteri, oggi può essere visitata (solo in estate, quando il disturbo per gli animali è minore) con l'ausilio del Gruppo Speleologico "L'Orso" di Castell'Azzara.
Dai resti della Rocca Silvana, si apre un bel panorama sull'abitato moderno di Selvena, su varie miniere abbandonate sulla fitta macchia mediterranea che riveste i fianchi del monte Civitella e delle altre alture della zona. In territorio di Castell'Azzara è anche la Sforzesca, villa campestre costruita nel 1580 dal cardinale Alessandro Sforza con le forme di un vero e proprio palazzo.
La costruzione, recentemente restaurata, conserva portali, stemmi, tracce di fortificazioni ed affreschi. Si alza proprio sul confine tra le province di Siena, di Grosseto e di Viterbo. Intorno, il paesaggio è ormai quello dolce e riposante delle Crete.

Castiglione d'Orcia
Castiglione d'Orcia, ricordata fin dal 714, fu possesso degli Aldobrandeschi, poi libero Comune dal 1252, per divenire nel Trecento possedimento senese, ed essere poi contesa tra i Salimbeni e Siena.
II centro, con le sue vecchie stradette lastricate, è pittoresco soprattutto nella Piazza Il Vecchietta, dedicata a Lorenzo di Pietro (1412-1480) detto Il Vecchietta, pittore, scultore e architetto. Al centro della piazza, tutta in pendio, è una bella fonte in travertino del 1618.
Di fronte è il Palazzo Comunale, al cui interno è conservato un affresco di scuola senese (Madonna con Bambino e due Santi) proveniente da Rocca d'Orcia. La passeggiata all'interno di Castiglione tocca anche la chiesa di Santa Maria Maddalena, romanica e restaurata di recente.
Meno suggestiva all'interno, la chiesa dei Santi Stefano e Degna è stata però il più importante edificio religioso di Castiglione per la ricchezza delle opere d'arte. La facciata è del Cinquecento, all'interno erano tra l'altro una Madonna col Bambino (posteriore al 1320) di Simone Martini e un'altra Madonna col Bambino di Pietro Lorenzetti.
Una breve salita porta alla Rocca Aldobrandesca, che sovrasta il paese. Se si raggiunge la Rocca dall'alto, si incontra per prima la Pieve di San Simeone, del Duecento, con notevoli opere d'arte all'interno ma colpita negli anni Ottanta dai ladri. Una rampa scende poi al Borgo Maestro, dove si visita la chiesa della Compagnia di San Sebastiano.
Da non perdere nel paese anche la chiesa della Madonna del Palazzo (oggi adibita ad abitazione), la Piazza con cisterna definita nel Seicento "il più bel vaso che sia nello Stato di Siena", altomedievale e restaurata nel 1962, la chiesa della Madonna delle Grazie di Manno e i resti del Palazzo Comunale.
C'è anche un piccolo Museo della cultura contadina. una piena, e di una passerella pedonale costruita in sostituzione di questo ma a sua volta crollata.

Piancastagnaio
Da Abbadia San Salvatore, una strada a saliscendi porta a Piancastagnaio, altro antico borgo arroccato su un ripiano che domina la valle del Paglia e la Cassia e difeso da poderose mura medievali a tratti ottimamente conservate, oltre che da rupi naturali di trachite.
Per chi arriva da Abbadia, il primo incontro d'arte è quello con la chiesetta di San Bartolomeo (già parte del Convento di San Francesco). La facciata, preceduta da un semplice loggiato, si affaccia su un prato dov'è un castagno secolare. All'interno sono dei frammenti di affreschi di scuola senese del Trecento, alle spalle dell'altare è un bel coro ligneo.
All'inizio della via per Santa Fiora merita una sosta il Santuario della Madonna di San Pietro. L'esterno ha forme seicentesche, l'interno è un susseguirsi di opere seicentesche di Francesco Nasini.
Nel centro merita una sosta anche la Pieve di Santa Maria Assunta, cui si sale per una scalinata, con architrave del 1617 e interno di forme semplici e solenni. Non lontana è la Piazza Matteotti, l'antica Piazza del Comune, sulla quale si affacciano i palazzi trecenteschi del Podestà e del Comune, e dove sorge ancora la Colonna di Giustizia con lo stemma della Repubblica di Siena.
Il monumento più imponente di Piancastagnaio è la Rocca Aldobrandesca, con le sue mura di pietra lavica. Merli e beccatelli sono stati in parte ricostruiti negli anni Sessanta, il resto della costruzione è medievale.
Oggi la Rocca è adibita a museo, dai suoi piedi pochi passi in un parco ricco di castagni secolari portano ad affacciarsi sul paese antico, che digrada sulle pendici di un colle ed è tuttora diviso negli antichi terzieri del Borgo, del Castello e di Voltaia.
Ultimo edificio notevole di Piancastagnaio è il Palazzo Bourbon del Monte, al margine dell'abitato, che fu residenza dei feudatari del luogo dal 1601 alla fine del Settecento.
Subito fuori delle mura di Piancastagnaio, c'è una località chiamata Il Piatto delle Streghe: si tratta della fontana degli antichi giardini di Palazzo Bourbon del Monte, della quale non è rimasta che una pietra, levigata dal tempo tanto da somigliare a un piatto. Si dice che le streghe vi andassero a celebrare i sabba.

Radicofani
Su un colle a quasi 900 metri sul mare, Radicofani fu per secoli una delle piazzeforti più importanti d'Italia. La Rocca appare da decine di chilometri di distanza, e sembra incombere sul borgo. Costruita nel Duecento, fu ricostruita nel 1565 e in parte abbattuta nel Settecento. Dal terrazzo alla sommità della Torre, che raggiunge i 37 metri di altezza, si ammira un panorama vastissimo anche se chiuso a occidente dall'Amiata.
Prima di scendere verso il borgo, vale la pena passeggiare nel boschetto di pini che circonda la costruzione, e che richiede attenzione per la presenza di archi, volte e pozzi in parte nascosti dalla vegetazione.
Anche il borgo merita una visita attenta. Il monumento più insigne è la chiesa romanica di San Pietro, del secolo XIII, danneggiata dall'ultima guerra e restaurata nel 1946. L'interno, con i suoi bassi archi gotici, conserva una splendida collezione di terrecotte robbiane e di statue lignee tra le quali spicca una Madonna con Bambino di Francesco di Valdambrino. Alle spalle della chiesa è un piazzale da cui il panorama verso sud eguaglia quello dalla Rocca.
Sulla strada principale, la chiesa di Sant'Agata, patrona di Radicofani, conserva sull'altare un altro grande dossale in terracotta robbiana, e in sagrestia una statua lignea più recente.
Completa il quadro dei monumenti il Palazzo Pretorio, una robusta costruzione che reca inseriti nella facciata numerosi stemmi antichi in pietra. Nei giardini del Maccione è una statua di Ghin di Tacco.
Sulla vecchia Via Cassia che aggira l'abitato, è il Palazzo della Posta, una bella villa medicea sorta come casa di caccia di Ferdinando I, e poi trasformata in albergo e dogana per i viaggiatori.

Roccalbegna
Su un colle a quasi 900 metri sul mare, Radicofani fu per secoli una delle piazzeforti più importanti d'Italia. La Rocca appare da decine di chilometri di distanza, e sembra incombere sul borgo. Costruita nel Duecento, fu ricostruita nel 1565 e in parte abbattuta nel Settecento. Dal terrazzo alla sommità della Torre, che raggiunge i 37 metri di altezza, si ammira un panorama vastissimo anche se chiuso a occidente dall'Amiata.
Prima di scendere verso il borgo, vale la pena passeggiare nel boschetto di pini che circonda la costruzione, e che richiede attenzione per la presenza di archi, volte e pozzi in parte nascosti dalla vegetazione.
Anche il borgo merita una visita attenta. Il monumento più insigne è la chiesa romanica di San Pietro, del secolo XIII, danneggiata dall'ultima guerra e restaurata nel 1946. L'interno, con i suoi bassi archi gotici, conserva una splendida collezione di terrecotte robbiane e di statue lignee tra le quali spicca una Madonna con Bambino di Francesco di Valdambrino. Alle spalle della chiesa è un piazzale da cui il panorama verso sud eguaglia quello dalla Rocca.
Sulla strada principale, la chiesa di Sant'Agata, patrona di Radicofani, conserva sull'altare un altro grande dossale in terracotta robbiana, e in sagrestia una statua lignea più recente.
Completa il quadro dei monumenti il Palazzo Pretorio, una robusta costruzione che reca inseriti nella facciata numerosi stemmi antichi in pietra. Nei giardini del Maccione è una statua di Ghin di Tacco.
Sulla vecchia Via Cassia che aggira l'abitato, è il Palazzo della Posta, una bella villa medicea sorta come casa di caccia di Ferdinando I, e poi trasformata in albergo e dogana per i viaggiatori.

Santa Fiora
Arroccato su una rupe di trachite che domina la sorgente della Fiora, l'abitato di Santa Fiora ha una storia diversa da quella degli altri borghi amiatini. Santa Fiora non fu soggetta all'Abbazia del Santissimo Salvatore, ma divenne presto il più importante possedimento degli Aldobrandeschi sulla montagna, resistendo ai numerosi tentativi di conquista da parte dei Senesi. Nel 1439, passò agli Sforza, per finire sotto il controllo di Firenze nel 1633.
Il primo incontro è con il massiccio Palazzo del Conte, già degli Sforza Cesarini e oggi sede del Comune. Lo si aggira a sinistra o lo si traversa per un'arcata, e si sbuca nella grande piazza che è un po' il salotto del paese.
Dalla piazza, la Via Carolina porta alla Chiesa del Suffragio (1716-1726), poi scende alla Pieve delle Sante Flora e Lucilla, il monumento più importante e noto del paese. Sorse prima del Mille, fu riedificata nel Duecento e ampliata nel 1792 con l'aggiunta delle navate laterali. L'interno ospita una collezione di splendide terrecotte attribuite ad Andrea della Robbia.
Una discesa porta al Borgo, l'altra parte di Santa Fiora cinta da mura, dominato da una scura parete di trachite. Qui sorge la chiesa di Sant'Agostino, del 1309 a cui era annesso un convento, soppresso dai Lorena, del quale resta una porta ad arco del 1473.
Nel Borgo è anche il convento delle Cappuccine, fondato nel 1601 e chiuso nel 1991, legato al culto del Crocifisso Miracoloso e alla Processione dei Tronchi. Per la Porta del Borgo si entra nel terziere di Montecatino e si scende alla Peschiera, un suggestivo laghetto che raccoglie le acque della Fiora.
Interessante anche la vicina chiesa della Madonna della Neve, di aspetto modesto ma ricca di affreschi discretamente conservati.
Nei pressi della frazione di Selva, merita una visita il Convento della Santissima Trinità, che conserva un bel crocifisso robbiano e una serie di pregevoli pitture, e nel chiostro settecentesco la leggendaria testa del drago riportata da un viaggiatore del passato.

Semproniano
Semproniano è il più meridionale dei paesi dell'Amiata, la porta del vulcano per chi arriva da Saturnia, e quindi da Roma e Civitavecchia attraverso l'Aurelia. Il borgo, stretto intorno ai pochi resti della Rocca Aldobrandesca, merita una piacevole passeggiata per le ripide vie in buona parte a gradinata.
Del severo castello restano pochi spezzoni di mura, alle quali si affianca la chiesa romanica della Santa Croce. Più in basso, sono l'Oratorio di San Rocco e la Pieve dei Santi Vincenzo e Anastasio, che conserva varie tele del Seicento e una interessante acquasantiera a forma di mano.
Dal paese, una buona strada asfaltata scende sinuosa fino a un ponte sull'Albegna, e prosegue poi in direzione di Saturnia. Deviando a destra al primo si può scendere per prati all'imbocco delle Strette dell'Albegna, le più suggestive della Maremma, particolarmente adatte in estate per un bagno.
Completano il quadro dei dintorni di Semproniano alcune presenze singolari. In località Tartuchino, a sud ovest dal paese, sono stati scavati i resti di una fattoria etrusca.
A Fibbianello, un podere affacciato sull'Albegna, gli appassionati di botanica possono ammirare il più grande ulivo dell'Amiata, un gigante millenario alto 22 metri, e capace di dare otto quintali di olive a ogni raccolto.
Parallela all'Albegna, scorre verso mezzogiorno la Fiora, il più noto dei corsi d'acqua del versante maremmano. La sua valle è più aspra e solenne di quella dell'Albegna, le sue acque libere sono assai ridotte a causa della captazione alle sorgenti. Da ovest, domina la valle la rupe calcarea di Cellena, ai piedi della quale si trova l'omonimo borgo.



powered by